Gli Italiani non Sanno L’inglese, Ma…
E’ saputo e risaputo che, purtroppo, gli italiani non sono grandi conoscitori della lingua inglese e infatti spesso i turisti stranieri amano scherzarci su e prenderci in giro per questo.
E’ anche vero, però, che qualcosa sta cambiando.
E i primi a farmelo notare siete stati voi, miei studenti che amate viaggiare in Italia, a dirmi che sempre più spesso e soprattutto nelle grandi città turistiche come Firenze e Venezia, le persone che lavorano nei ristoranti e negli hotel vogliono parlare esclusivamente l’inglese.
Se ciò da una parte risulta essere antipatico, soprattutto per voi che volete praticare e migliorare il vostro italiano, dall’altra è un ottimo segnale: finalmente anche gli italiani iniziano a studiare e a parlare l’inglese!
Ma non è tutto.
Guardandomi intorno e dedicando un po’ di attenzione alla pubblicità e ai prodotti che trovo nei negozi, noto sempre più spesso comparire varie parole inglesi.
Per esempio ho notato il barattolo di una nota azienda italiana che produce vari snack, tra cui anche il peanut butter (guardate la foto). Seppur un prodotto principalmente amato dai giovani, quello che più mi ha colpito di questo barattolo è che ha diverse parole inglesi.
La prima domanda che mi sono fatto è stata:
ma perché hanno usato l'inglese?
Sicuramente perché le stesse parole tradotte in italiano suonano un po’ male o risultano essere totalmente incorrette o fuori moda.
Quindi un grande rischio per la vita del brand.
Guardate la foto e leggete bene cosa c’è scritto sotto:
Crema di noccioline.
Noccioline?
E’ un chiarimento abbastanza divertente, perché credo che nessuno dica così. Piuttosto è possibile sentire la parola “arachidi” (es: burro d’arachidi).
E poi…
Anche nella lingua parlata, usiamo sempre più spesso le parole inglesi, grazie soprattutto a: i media, l’informatica, i social network e la moda, ma anche perché le persone hanno sempre più voglia e bisogno di superare questo gap (che è quasi un handicap per alcuni italiani) e che quando viaggiamo all’estero o parliamo con stranieri, ci fa rendere conto che proprio non siamo in grado di parlare questa lingua.
Quindi oggi l’italiano assorbe molte parole dal mondo anglofono e, anche se spesso la nostra pronuncia non è corretta e fa ridere i nativi, però è l’unica versione disponibile per descrivere quella determinata cosa, in quanto è veramente difficile trovare la sua traduzione italiana. Altre volte invece la parola inglese è semplicemente comune al pari di quella italiana.
Vi faccio un esempio di alcune tra le parole inglesi più comuni: badge, news, team, ok, computer, tag, feedback, black Friday, business, step, total body, body, stress, App, mix, check up, check in, junk food, fast food, layout, hamburger, card, shuttle, bus, cutter, discount, brand, band, boy band, snack, wi-fi, scanner, over, under, top, feeling, gap, handicap, business, shopping, goal, match, selfie, touch e molte altre.
E poi ci sono quelle parole inglesi che ci piace italianizzare ma che a volte sono conosciute solo dai più colti. Per esempio: schedulare, googolare, stressare, testare, taggare, stoppare, ecc…
Insomma, se qualche volta mi sentite dire qualche parola in inglese, domandatemi come si dice in italiano e forse vi dirò che non esiste o non si dice.
In fine.
Anche molte leggi italiane hanno il nome in inglese.
Per esempio: Class Action, Job Act, ecc…, ma forse solo perché i vari governi dei vari partiti sperano che in questo modo gli italiani non possano capire il contenuto della legge e in questo modo i politici si sentono più liberi di approvare regolamenti che altrimenti non sarebbero stati ben accettati dal popolo.
E il Governo Meloni?
All’inizio, cioè due anni fa, un parlamentare del partito di Giorgia Meloni pensò di fare una legge per vietare l’uso dell’inglese nella lingua parlata di tutti i giorni.
Ne seguirono così tante critiche, proteste, scherzi e meme sui social network di ogni genere che dopo un paio di settimane non se ne parlò più. A seppellire definitivamente questa bizzarra idea poi, ci pensò il Ministro dell’Istruzione, che creò un nuovo tipo di scuola superiore chiamato:
Liceo del Made in Italy.
Cosa ne pensate?
Vi sembra strano?
Insomma, se vi interessa questo articolo e volete parlarne, ditemelo a lezione. Altrimenti ci possiamo salutare qui con un bel: a presto!
Anzi no scusate, suona meglio dire così:
SEE YOU SOON!